Area ex Razzaboni: i risultati dell’analisi congiunta Arpa-Ausl escludono contaminazioni
Era il 3 di settembre e su un sito web la cittadina Roberta Sangiorgi (candidata alla scorse elezioni amministrative con la lista Progetto Comune), denunciava: «Attorno all’area ex Razzaboni l’acqua dei pozzi è avvelenata». Cos’era successo? La signora Sangiorgi aveva fatto analizzare l’acqua del proprio pozzo posto a due chilometri a valle della ex Razzaboni, profondo 14 metri, scoprendo che (a suo dire): «Nell’acqua dei pozzi domestici ci sono manganese, solfati e amianto. Le falde sono avvelenate». Due giorni dopo il Carlino riprese la notizia in un articolo dal titolo «Ci sono veleni nel mio pozzo, che cosa abbiamo bevuto per anni?». Tengo a precisare che, come sottolineato oggi da un nuovo articolo dello stesso quotidiano locale, l’acqua del pozzo della signora Sangiorgi non è a consumo umano bensì utilizzato ad uso domestico (per l’irrigazione di orto e giardino e per la pulizia dei cortili). Detto questo, fin da subito, una volta appresa questa notizia, ho informato le autorità competenti. La salute pubblica viene prima di tutto ed è nei miei doveri di primo cittadino tutelarla. Ho quindi richiesto alle autorità competenti di attivarsi per comprendere meglio la situazione. Alla luce dei risultati dell’analisi congiunta Ausl-Arpa si possono trarre alcune considerazioni: i valori in eccesso nell’acqua del pozzo della signora Sangiorgi, in cui l’amianto è assente, rientrano in un fenomeno tipico delle falde della nostra pianura; inoltre, non vi è alcun collegamento fra i valori riscontrati nel pozzo della cittadina e l’area ex Razzaboni. Le autorità competenti hanno perciò smentito le affermazioni che la signora Sangiorgi, fra l’altro giornalista, ha espresso con tale certezza da aver procurato allarme nella comunità. Si è trattato quantomeno di una cattiva informazione ai cittadini.
Ecco quanto affermato nel rapporto congiunto Arpa-Ausl firmato da Maria Adelaide Corvaglia (direttore della sezione provinciale ARPA) e Fausto Francia (direttore del dipartimento di Sanità Pubblica).
«Esaminata congiuntamente la documentazione inviata e valutate le considerazioni riportate nell’articolo relativamente alle analisi del pozzo domestico di via Zenerigolo n. 17 (quello di Roberta Sangiorgi, ndr), utilizzato per l’irrigazione di orto e giardino sia per la pulizia dei cortili, le analisi mostrano presenza di manganese e solfati con valori superiori ai limiti di legge, mentre per gli altri metalli indagati si riscontrano valori estremamente bassi o inferiori al limite della rilevabilità analitica. Nella documentazione nulla si evince del manufatto, età di costruzione, tipologia del manufatto, e caratterizzazione delle attività antropiche nell’intorno dell’abitazione. Nell’articolo viene indicato come dato certo la presenza di fibre di amianto; dalla lettura del Rapporto di prova viene invece riportato che la presenza di amianto è inferiore al limite di rilevabilità del metodo, e che quindi è assente come affermato dalla stessa chimica che ha firmato il referto, contattata all’uopo. Per quanto riguarda le concentrazioni di manganese e solfati registrate nel pozzo di via Zenegirolo è un fenomeno noto e ben documentato, in relazione alla variabilità tipica e propria delle falde della media e bassa pianura. In particolare si dimostra come il manganese possa avere una elevata variabilità, raggiungendo in molti punti concentrazioni anche superiori ai 900 g/L. Gli elevati valori di manganese e solfati riscontrati nelle acque di pianura, anche nelle zone a monte dell’area ex Razzaboni, non ci permettono di utilizzare tali parametri come markers (marcatori, ndr) spia di inquinamento.
Come in molte altre aree di pianura, in tutti i piezometri interni ed esterni al sito ex Razzaboni si sono registrati negli anni, in modo ubiquitario, concentrazioni di ferro e manganese e solfati superiori rispetto ai valori di riferimento normativi. Per quanto riguarda l’eventuale nesso tra i valori anomali riscontrati nel pozzo del civico 17 di via Zenerigolo e l’area ex Razzaboni, le analisi eseguite dal 2005 al 2014 presso 4 pozzi domestici localizzati tra 250 e 500 metri nell’intorno del sito non hanno mostrato, per i 40 parametri ricercati, valori anomali rispetto al limite di riferimento normativo, fatto salvo alcune evidenze riferibili alla presenza di ferro e manganese. I parametri indagati nelle acque di pozzo sono gli stessi monitorati nei piezometri interni ed esterni di controllo della falda sottostante il sito inquinato. Quanto sopra premesso, non si ravvisano collegamenti tra i parametri alterati ed eventuali inquinanti dovuti all’ex Razzaboni».
dal profilo Fb di Renato Mazzuca, sindaco di Persiceto