Legambiente sulla delibera della Regione Emilia-Romagna sul fotovoltaico in cave
Legambiente commenta la recente delibera della regione Emilia-Romagna per normare l’installazione di impianti fotovoltaici sulle aree di ex-cave. Un provvedimento che introduce e semplifica nuove possibilità di produrre energia pulita in aree compromesse, prevedendo l’ipotesi di fotovoltaico flottante (cioè galleggiante) e premiando gli impianti integrati con l’agricoltura, il cosiddetto “agrivoltaico”.
Si tratta di disposizioni attese da tempo anche da Legambiente, che proprio su questi temi aveva organizzato il convegno “Più fotovoltaico per una regione carbon free”, svoltosi lo scorso giugno presso l’Università di Bologna, con l’obiettivo di proporre grandi impianti solari su discariche e aree degradate.
Il tema della localizzazione dei grandi impianti fotovoltaici è un tema cruciale ma al contempo delicato e non semplice. Da una parte, infatti, abbiamo la necessità di produrre enormi quantità di rinnovabili nei prossimi anni per fermare la corsa verso il disastro climatico, dall’altra occorre che le istituzioni sappiano governare questi processi per evitare conflitti con il paesaggio e l’agricoltura.
Con la recente delibera la Regione specifica le ipotesi di impianti fotovoltaici nelle ex cave, specificando dove non è possibile (recuperi ambientali) e dove lo è (cave abbandonate). Particolarmente significativa l’indicazione che nelle cave destinate ad un recupero agricolo il fotovoltaico debba essere realizzato salvaguardando l’agricoltura, attivando soluzioni innovative per tenere assieme produzione di energia e di cibo. Allo stesso tempo la delibera fornisce prime indicazioni per la sperimentazione del fotovoltaico galleggiante.
«Sicuramente con questa delibera assistiamo ad un passaggio positivo – commenta Legambiente –che però necessita di una riflessione più complessiva e anche di qualche elemento di attenzione».
Rispetto agli aspetti applicativi della delibera sarà fondamentale monitorarne attentamente l’attuazione per verificare l’effettiva bontà dei progetti ed i loro effetti negli anni. Importante anche controllare che non vengano date interpretazioni da “furbetti” intenzionati a sfruttare qualche passaggio più incerto della delibera. Rimangono infatti alcune perplessità interpretative:
– occorre avere garanzia del perdurare dell’attività agricola per tutta la vita degli impianti;
– nei casi di siti di cave attualmente “non coltivati” occorrerà verificare che l’ipotesi dell’uso energetico non spinga a creare volutamente queste situazioni e sarebbe meglio imporre l’agrivoltaico (mentre ora la Regione non impone vincoli).
Sulle politiche generali per il fotovoltaico il processo innovativo avviato deve essere completato con un quadro d’insieme che spinga davvero la sua installazione in tutte le aree degradate.
In particolare si attende che i gestori delle ex discariche inizino presto ad attivarsi per prevedere la conversione dei siti in centrali fotovoltaiche com’è richiesto da una delibera del Consiglio Regionale, e come indicato dalle linee guida del prossimo piano rifiuti. In quelle aree sono state stimati almeno 60 MW (megawatt) di potenzialità.
Per quanto riguarda, invece, le aree del territorio già cementificate, occorre premere di più per favorire gli impianti fotovoltaici sulle grandi superfici oggi adibite a parcheggi urbani, ampissimi distese di cemento assolate e spesso senza alberi. Secondo le stime di un recente studio di Legambiente, solo in una ventina di parcheggi di alcune città della regione sarebbe possibile installare 190 MW di fotovoltaico, che coprirebbero il fabbisogno energetico di più di 50 mila famiglie (qui è disponibile il dossier integrale).
Nel complesso dunque parcheggi, ex cave ed ex discariche potrebbero cubare almeno 1000 megawatt, secondo le stime dell’associazione. Cifra ancora insufficiente per gli obiettivi climatici, ma a cui va aggiunto poi il potenziale degli impianti sul tetto di edifici e la tecnologia eolica.
Ultimo aspetto su cui l’associazione richiama l’attenzione è quello, al contrario, di rivedere la delibera regionale del 2010 che disciplina le aree agricole dove risulta possibile realizzare il fotovoltaico. Occorre limitare la possibilità di realizzare grandi impianti che vanno in contrasto con l’agricoltura di pregio. Non a caso dopo anni di stasi queste tipologie di interventi sono tornate ad essere un’ipotesi di interesse per operatori non agricoli: si assiste infatti a diversi progetti di sostituzione delle colture con impianti fotovoltaici utilizzando l’ipotesi del 10% di terreni “in disponibilità” senza alcuna integrazione con la produzione food.
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Ufficio Stampa – Legambiente Emilia Romagna