Dimissioni volontarie dal lavoro nei primi anni di vita dei figli: nel bolognese oltre il 70% delle madri
Le convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri nei primi anni di vita dei figli, nel territorio bolognese, è un fenomeno che riguarda in modo preponderante donne: le neomamme sono infatti più del 70%, mentre i neopapà sono sotto al 30%.
L’evidenza arriva dai primi dati della ricerca dal Dipartimento di Scienze politiche e Sociali dell’Università di Bologna, coordinatore della ricerca il professor Roberto Rizza, in accordo con la professoressa Laura Calafà, docente dell’Università di Verona, per conto del Piano per l’Uguaglianza della Città metropolitana, all’interno di un rapporto di collaborazione avviato con l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Bologna.
L’indagine, che da luglio 2023 a oggi ha coinvolto 432 lavoratrici e lavoratori, è stata ideata per approfondire le motivazioni che spingono madri e padri a lasciare il lavoro nei primi anni di vita dei figli. Ai questionari somministrati dall’Ispettorato a lavoratrici e lavoratori in sede di convalida delle dimissioni e risoluzioni consensuali, sono state aggiunte alcune domande complementari per la raccolta di ulteriori informazioni. Lo scopo è quello di avere una comprensione più piena del fenomeno, anche al fine di indicare azioni di contrasto efficaci.
Il questionario si fonda sull’analisi di varie dimensioni del fenomeno e spazia da quelle più propriamente lavorative, a quelle che intrecciano il tema della conciliazione famiglia-lavoro, sia per ciò che concerne il lavoro, sia in riferimento alla dimensione familiare.
Se oltre il 70% del fenomeno interessa le madri e solo il 30% i padri, i motivi che portano alle dimissioni sono diversi per gli uomini e le donne. I primi si dimettono per passare ad altra azienda (74% contro 47% delle donne), le seconde per impossibilità di conciliare il lavoro retribuito con quello della cura e dell’assistenza.
Le donne svolgono attività lavorative che presentano forti elementi di rigidità. Vi sono infatti marcate differenze di genere nelle possibilità di variare luogo di lavoro (l’84% delle donne non possono cambiarlo, contro il 58% degli uomini), orari (il 69% delle donne non può cambiare orario di lavoro per doveri di assistenza, contro il 48% degli uomini), nonché di astenersi dal lavoro per motivi di cura (75% delle donne contro il 56% degli uomini).
Inoltre, le donne manifestano difficoltà nella conciliazione per ragioni legate ai servizi di cura. Nel caso degli uomini dimissionari questo non è per nulla un motivo: il 90% dichiara infatti che non sussistono difficoltà legate ai servizi di cura. La maggior parte delle donne che si dimette dichiara di avere difficoltà per i costi eccessivi dei servizi di assistenza all’infanzia, mentre nel caso degli uomini questo motivo non è il principale. Alla rigidità degli orari, dei luoghi e alle difficoltà di astenersi dal lavoro per necessità di cura, si aggiunge pertanto una chiara percezione, del resto confermata dai dati, di salari bassi per le donne.
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