Il portone cinquecentesco di Palazzo d’Accursio resterà chiuso fino a fine ottobre per consentire i lavori di restauro realizzati dal Laboratorio degli Angeli. L’accesso da Piazza Maggiore sarà comunque garantito attraverso il portone laterale sotto il portico.
Gli interventi prevedono la pulitura sia delle parti lignee che di quelle in ferro.
Nei prossimi giorni l’impalcatura sarà rivestita da teli che riportano le informazioni principali relative all’intervento e cenni storici sul palazzo e su quella che viene definita “Una porta da sempre aperta al mondo”.
La storia del portone
Il Senato bolognese nel 1551 affida all’architetto Galeazzo Alessi la creazione di un accesso monumentale nel punto di congiunzione tra l’ala duecentesca (all’epoca Palazzo della Biada) e l’aggiunta quattrocentesca, nonché la realizzazione dell’appartamento e della cappella del legato pontificio (oggi Cappella Farnese). Alessi disegna un nuovo elegante ingresso in arenaria, sopra il quale dovrà essere posta la statua del pontefice Giulio III. La parte inferiore del portale rimanda all’ordine dorico, con le colonne binate che poggiano su singoli piedistalli e con al di sopra una balaustra. L’apertura è articolata con lesene semplici e sottili, che sostengono nastri semicircolari: una soluzione che ricorda i motivi degli interni di altre realizzazioni dell’architetto, tra cui quelli di Santa Maria degli Angeli ad Assisi.
Diverse fonti testimoniano che nel 1553 risulta completata solo la parte inferiore del portale (quella dorica, appunto), che in origine – stando a un disegno rinvenuto a Napoli nel 1913 – prevedeva un ordine superiore di colonne ioniche a mo’ di baldacchino per la statua del papa. Tuttavia, diverse vicissitudini – tra cui scontri con Parma e, soprattutto, la morte di Giulio III – bloccano i lavori e l’opera rimane incompiuta fino al 1580, quando il Senato incarica il manierista Domenico Tibaldi di completarla in funzione della collocazione della statua di bronzo di papa Gregorio XIII (della famiglia bolognese dei Boncompagni). Tibaldi si allontana dal progetto originario e colloca la statua all’interno di una nicchia, modificando le proporzioni e alzando le colonne ioniche su piedistalli. La porta che vediamo oggi, quindi, è un ibrido dei progetti dei due architetti, in cui si riconoscono anche lievi apporti dei restauri ottocenteschi. Una curiosità: a fianco, alla base delle mura, ancora si leggono le tracce delle antiche unità di misura utilizzate per la produzione delle tegole e dei mattoni dagli artigiani e dai venditori: il braccio, la pertica, il piede bolognese. Qui sono infatti murate alcune misure pubbliche in pietra d’Istria che stabiliscono le dimensioni, il volume e la forma degli elementi in laterizio.
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