Insieme per le comunità locali. Quelle nelle aree montane, nelle aree interne e in quelle meno servite. Per aumentare l’attrattività e frenare lo spopolamento, riqualificare gli spazi pubblici e le aree urbane, contribuire alla loro coesione sociale, sviluppo sostenibile, arricchimento culturale.
Guarda a questi obiettivi il progetto di legge regionale firmato dalla Giunta sulle Cooperative di comunità, approvato oggi dall’Assemblea legislativa: soggetti cooperativi spesso avviati dai residenti di piccoli centri, nei quali è fondamentale la coesione, lo spirito di condivisione e la messa in comune di risorse della comunità stessa.
Un modello di innovazione sociale recente, anche se le prime si sviluppano negli anni Ottanta e Novanta nella provincia di Reggio Emilia, che va sempre più affermandosi ma che, ancora oggi, nel nostro Paese non ha un riconoscimento giuridico specifico.
Con la nuova legge regionale, che è uno degli obiettivi individuati dal Patto per il Lavoro e il Clima, l’Emilia-Romagna colma questa lacuna nel proprio territorio.
Cosa sono
Le Cooperative di comunità trovano spazio soprattutto in contesti territoriali fragili, comprese le periferie più vulnerabili delle città, dove i servizi alla persona e le occasioni occupazionali sono minori, e rappresentano una risposta della collettività dove i cittadini sono ad un tempo produttori e fruitori di beni e servizi. Spesso con il supporto degli Enti locali.
Nascono infatti per produrre vantaggi a favore di una comunità territoriale definita. Sono composte dai soci promotori, che vi appartengono o che la eleggono come propria, e portano avanti iniziative a sostegno dello sviluppo economico, della coesione e della solidarietà sociale.
Imprese regolate in base ai principi della cooperazione mutualistica così come regolata dal Codice civile.
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