Le interviste di CBN: Giorgio Franzaroli
Giorgio Franzaroli, nato a San Giovanni in Persiceto, vignettista satirico di lunga esperienza che ha scritto soggetti e sceneggiature per personaggi come Cattivix e Lupo Alberto… Poi il grande salto diventando l’autore di vignette che popolano testate nazionali quali l’Unità e Il Fatto Quotidiano. I suoi fumetti sono oggi anche libri, o meglio graphic novel.
Come nasce la tua passione per il fumetto e come ti sei formato a livello professionale?
Sin da piccolo, sono stato appassionato e molto attratto dai fumetti… adoravo leggere i fumetti di Topolino e molti altri che son passati per le mie mani, in pratica rappresentavano la mia finestra sul mondo. In particolare ricordo che ad un certo punto ho iniziato a disegnare e, a poco a poco, a trasporre molte delle esperienze che vivevo su carta. Se capitava per esempio di fare un bel viaggio (tipo quando sono stato a Venezia, che mi aveva molto colpito) ritraevo ciò che avevo visto attraverso delle vignette, come a volerne immortalare il momento. Anche il Carnevale, come quello storico di Persiceto che conosco molto bene, ha sempre esercitato un fascino particolare ai miei occhi, per i colori, le maschere, l’atmosfera che ne derivava, mista tra goliardica e grottesca. Emozioni e sensazioni che mi hanno avvicinato alla satira. E spinto da questo mio grande interesse, che continuava a crescere, a quindici anni ho frequentato il corso di fumetto “Zio Feininger” (a Bologna), percorso importante per la mia formazione, dove tra gli insegnanti ho avuto il piacere di conoscere: Andrea Pazienza, Igort e Lorenzo Mattotti. Dieci anni dopo ho esordito come vignettista satirico sul settimanale umoristico Comix e, nello stesso anno, su Frigidaire (storica rivista diretta da Vincenzo Sparagna). Negli anni successivi è stato tutto un crescendo di collaborazioni con diverse testate giornalistiche e quotidiani, tra cui Cuore, l’Unità, e poi a Il Fatto Quotidiano.
Le tue vignette sono diventate dei veri e propri racconti a fumetti (mi riferisco ai tuoi libri “Andata e Ritorno”, “Orrido Famigliare”…) puoi spiegarci questo passaggio?
Qualche anno fa ho deciso di creare una raccolta antologica di vignette che avevo realizzato per Il Fatto Quotidiano, dall’anno 2010 al 2017, andando a selezionare tra le tante quelle che potessero essere riprese decontestualizzate dai fatti da cui avevano avuto origine. È nato così “Andata e Ritorno” (Maglio Editore) un modo, se vogliamo piuttosto originale, per ripercorrere quegli anni di storia italiana attraverso la satira. Parliamo nello specifico di satira politica e sociale che è poi il filo conduttore che lega insieme tutti i momenti caratterizzanti di quel periodo partendo da Berlusconi fino ad arrivare al Governo Gentiloni.
Invece con il libro “Orrido Famigliare” ti sei misurato con argomentazioni e una cifra stilistica molto diversa, ce ne parli?
Quello di “Orrido Famigliare” (Pop Edizioni) è frutto di un lavoro molto corposo, che è partito dal mio desiderio di voler capire di più di quegli anni difficilissimi che hanno portato alla Seconda Guerra Mondiale. In particolare l’esigenza che ho avvertito è stata quella di dar voce ai ricordi che sin da bambino ho sentito raccontare dai miei nonni in famiglia, con l’idea quindi di contribuire a tener viva la memoria del passato. Non a caso è stato un lavoro intenso che ha preso vigore nel periodo difficile della pandemia… proprio in quei giorni – anche questi molto difficili – in cui tantissime persone appartenute alla generazione dei miei nonni ci stavano lasciando. Ed è così che l’urgenza di scrivere queste memorie si è trasformata in un qualcosa che io stesso fatico oggi a definire, perché mi rendo conto di essermi accostato ad un argomento non facile da trattare, spesso anzi complicato da capire. In questa graphic novel ho cercato di dosare la cifra ironica nella giusta misura, per non andare a sminuire la tragicità dei fatti. L’intera narrazione si sviluppa inoltre su due binari che si intrecciano: da una parte gli eventi del passato, dall’altro il confronto con il presente. Confronto che genera quella sorta di equilibrio che mira a fornire le giuste proporzioni agli avvenimenti. Non è stato facile, ma sono felice d’essere riuscito a creare una “storia nella storia” in cui le vicende della mia famiglia (che ho così voluto indagare e approfondire) mettono in luce la storia di una generazione che ormai ci stiamo lasciando alle spalle. Una generazione di uomini e donne che hanno sofferto, combattuto e che hanno lottato per creare l’Italia che abbiamo ereditato oggi, e che spero di aver così onorato e contribuito a valorizzarne il ricordo.
In questo periodo sei impegnato al “BettyB Festival del fumetto”, puoi anticipare di cosa si tratta?
È un Festival diffuso che si svolge sui territori ricompresi tra Spilamberto (18/19 settembre), Savignano sul Panaro (2/3 ottobre) e Vignola (16/17 ottobre), ora giunto alla sua quinta edizione. In queste giornate si alternano molti ospiti professionisti, o comunque appassionati del mondo del fumetto, per dare vita a diversi appuntamenti come: interviste, laboratori, incontri con l’autore, poesia illustrata, street-art, disegni dal vivo… Certamente potrebbe essere l’occasione giusta, sia per grandi che piccini, per conoscere e avvicinarsi ai fumetti. Quindi vi aspetto personalmente al BettyB Festival, dove (e questa è un’anticipazione!) avrò il piacere di intervistare Vincenzo Sparagna e Filippo Scozzari.
Progetti futuri?
Intanto portare a termine la trilogia di cui si compone “Orrido Famigliare” per la quale, terminato il secondo volume, mi accingo a preparare il terzo libro. E poi sull’onda dei ricordi del passato, che reputo patrimonio inestimabile da preservare, mi piacerebbe poter recuperare altri racconti e storie del territorio. Ho in mente un progetto legato alle “mondine”, a mio avviso sarebbe molto importante riuscire ad intervistare le poche donne oggi ancora in vita e creare un libro basato sulle loro testimonianze dirette. Attraverso le loro storie raccontate a fumetti si potrebbe mettere in luce come si vivesse negli anni durante e dopo la guerra: scene di vita quotidiana per non dimenticare le fatiche, il lavoro e i sacrifici duramente affrontati in quegli anni. Queste memorie rischiano di svanire nel giro di pochi anni, quando invece sarebbe rilevante custodirle, e farne dono alle nuove generazioni affinché possano trarne insegnamenti e valori.
Laura Palopoli