Presentati da Legambiente i dati sugli ecoreati in Emilia-Romagna durante una mattinata in cui si è fatto il punto sullo stato della lotta alla criminalità ambientale.
Un’iniziativa che ha visto confrontarsi inquirenti e forze dell’ordine – il Sostituto Procuratore distrettuale Antimafia Lazzarini e il Comandante de CUFA Generale Mari- avvocati, istituzione (la presidente dell’Assemblea Regionale Emma Petitti) e l’impegno dei corpi sociali come Libera.
I dati del Rapporto Ecomafia mostrano un’illegalità ambientale in crescita a livello nazionale e regionale: con 1178 reati (+48% rispetto al 2018), 1000 persone denunciate, 1 arresto e 352 sequestri, l’Emilia-Romagna si piazza al 12° posto nella classifica regionale dell’illegalità ambientale in Italia. Ben distante regioni del Sud che si trovano ai primi posti e anche dalla Lombardia che, sempre nel 2019, ha registrato la cifra record di 88 arresti per reati contro l’ambiente. Da segnalare l’incremento dei reati accertati nel ciclo dei rifiuti (351, +36,2% rispetto al 2018), con le province di Forli-Cesena e Reggio Emilia a guidare la classifica regionale con 40 reati ognuna. Più che raddoppiati, in linea con quanto accaduto a livello nazionale, gli illeciti relativi al ciclo del cemento (reati in materia di urbanistica, tutela del paesaggio, occupazione di beni demaniali, abusi edilizi etc.) che sono stati 316 nel 2019: Rimini è la prima provincia per numero di illeciti accertati (94) e sequestri eseguiti (39). Numeri che testimoniano, da una parte la maggiore efficacia di strumenti e controlli (anche grazie alla legge 68/2105 che ha introdotto i delitti ambientali nel Codice penale) ma anche un perseverare di comportamenti illeciti.
A questi dati, per misurare l’effetto complessivamente negativo sull’ambiente degli interessi mafiosi in regione, vanno aggiunti gli ingenti sequestri di immobili legati a processi, come quello “Aemilia”: una pressione che l’edilizia alimentata da fondi illegali determina sul consumo di suolo.
Nella mattinata il Sostituto Procuratore della Direzione distrettuale antimafia Flavio Lazzarini e il comandante regionale del CUFA dell’Arma dei carabinieri, gen. Fabrizio Mari, hanno fornito anche alcuni dati sul 2020 che dimostrato come nell’anno della pandemia i reati ambientali non abbiano subito contrazioni.
Ad esempio, le inchieste aperte sui reati più preoccupanti (come l’associazione per traffico illecito di rifiuti) mantengono un trend costante (39 nell’ultimo quadriennio e 10 solo nel 2020), mentre i reati perseguiti dai nuclei di Carabinieri forestali, ambientali ed agroalimentari sono passati da 689 del 2019 a 765 nel 2020. Sempre per i Carabinieri del CUFA le sanzioni erogate solo nel campo dei rifiuti ammontano ad oltre 580.000 euro.
Tra i reati più segnalati sono da ricordare quelli legati alla gestione illecita di rifiuti speciali, con inchieste che riguardano i roghi, l’utilizzo di capannoni in disuso come stoccaggio clandestino, o la gestione in nero di metalli ferrosi e batterie. Tra le operazioni più recenti è stata ricordata “Esmeralda”, scattata proprio in questi giorni sulla gestione illegali di ingenti quantitativi di rottami ferrosi e batterie esauste, condotta dal Nipaaf del Gruppo carabinieri forestale di Reggio Emilia; quella che ha portato alla scoperta dell’utilizzo di fanghi tossici anche nelle campagne del piacentino e l’indagine sulla rete imprenditoriale che portava a gestire abusivamente rifiuti tessili e plastici provenienti dal distretto di Prato.
Ma nell’azione delle forze dell’ordine rientra anche la lotta contro gli incendi boschivi (è stata ricordata una operazione di successo dei carabinieri forestali di Parma, con l’utilizzo di videocamere), l’abusivismo edilizio e l’occupazione del demanio, i reati contro la fauna, e lo scorretto utilizzo di fitofarmaci.
Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio nazionale Ambiente e legalità di Legambiente ha sottolineato come i reati ambientali siano cresciuti in tutta Italia nel 2019 del 23,1%, insieme ai sequestri e agli arresti effettuati dalle forze dell’ordine. Numeri che sono il frutto di un’attività di controllo da potenziare anche con nuovi strumenti legislativi sollecitati da Legambiente, come le norme sui reati agroalimentari, quelle a tutela del patrimonio culturale, l’inasprimento delle sanzioni contro la gestione illegale dei rifiuti. Fontana ha ricordato – tra gli esempi positivi – anche il buon esempio dell’Emilia Romagna che vede ARPA regionale prima in Italia per asseverazioni di reati minori, le infrazioni meno gravi che non causano danni diretti all’ambiente, previste nella legge 68/2015 che ha introdotto i delitti ambientali nel Codice penale.
Una mattinata che oltre ai numeri ha riportato l’attenzione sugli anticorpi che la società può mettere in campo contro l’illegalità. Da tutti è stata sottolineata la necessità di un lavoro culturale costante, l’attenzione anche dei cittadini e del volontariato “di quartiere”, ma anche la capacità del mondo economico di individuare le imprese eccessivamente concorrenziali.
Legambiente ha sottolineato anche il ruolo del proprio Centro di azione giuridica, con avvocati che intervengono in processi di rilievo particolare, per dare forza all’azione degli inquirenti e tenere alta l’attenzione sui procedimenti anche per evitarne la prescrizione. L’associazione ha richiamato anche il ruolo rilevante della vigilanza ambientale volontaria che aiuta in modo sistematico al presidio del territorio.
Infine nella mattinata, parlando di cultura della legalità, è stato ricordato anche il caso drammatico di Sama Abbas, la necessità che la società civile regionale sappia guardare anche a quel tipo di problematiche e sappia produrre gli anticorpi contro tutte le forme di violazione di diritti.
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Ufficio Stampa – Legambiente Emilia Romagna