L’Emilia-Romagna investe sul bio: +71% in 7 anni e prima in Italia con oltre 1.200 imprese
Emilia-Romagna sempre più bio. Negli ultimi sette anni, da quando è attivo il Programma di sviluppo rurale 2014-2020, sono cresciute del 71% le imprese biologiche di produzione e di trasformazione certificate raggiungendo, da Piacenza a Rimini, la cifra di 6.100 unità, di cui 5150 (l’85%) vere e proprie imprese agricole.
Nello stesso tempo lo scorso anno la nostra regione contava 165mila ettari di superficie agricola utilizzata a bio, che nel corso del 2020 è aumentata fino a superare i 172mila ettari.
Numeri che fanno dell’Emilia-Romagna la prima regione in Italia per le imprese di trasformazione agroindustriale e commercializzazione/importazione di prodotti biologici (1.270 nel 2019) e per impiego di prodotti biologici nelle mense regionali, in particolare in quelle scolastiche.
Con questo biglietto da visita è stato inaugurato questa mattina Sana Restart – il Salone internazionale del biologico e del naturale in programma dal 9 all’11 ottobre presso BolognaFiere – cui la Regione Emilia-Romagna ha confermato anche quest’anno la propria partecipazione con uno stand nel quale, proprio oggi, l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi, ha firmato il nuovo protocollo insieme al presidente regionale dell’associazione Slow Food Italia, Antonio Cherchi, con l’obiettivo prioritario di sostenere le piccole produzioni tradizionali.
E che la Regione guardi al biologico come buona pratica di coltivazione in grado di nutrire la terra in modo sostenibile – per il ruolo di rilievo nella difesa del clima e della biodiversità -, lo dimostra l’impegno di questi ultimi sette anni.
Nel corso dell’ultimo Programma di sviluppo rurale quasi il 30% delle risorse sono state destinate, infatti, alle aziende biologiche.
Complessivamente 125milioni di euro sono stati immessi nel bio attraverso il Psr per la copertura dei costi di certificazione, la promozione dei prodotti, gli investimenti aziendali e di filiera, l’insediamento dei giovani agricoltori, garantendo le indennità compensative per le aree svantaggiate, promuovendo gli interventi di cooperazione per innovazione (come i Goi). E nel corso degli ultimi mesi, anche per sostenere le aziende alle prese con gli effetti della pandemia, si sono aggiunti ulteriori 7,3 milioni di euro che hanno permesso di approvare nuovi progetti grazie allo scorrimento delle graduatorie dei bandi.
“Il biologico è un’opportunità strategica per i nostri agricoltori- spiega l’assessore Mammi– che unisce crescita professionale e competenze al giusto reddito, oltre ad essere una scelta sostenibile per il suolo come forma di nutrimento e rotazione che viene sempre più premiata dai consumatori. La tragica vicenda del Covid ci ha restituito una consapevolezza: la salute e il cibo sono tornati infatti a essere centrali nella vita delle persone. Investire nel biologico diventa pertanto una grande opportunità, soprattutto per un territorio come il nostro, che ha il maggior numero in Europa di prodotti Dop e Igp, in grado quindi di garantire la produzione di prodotti agricoli di qualità, controllati, tutelati”.
“La sfida- chiude l’assessore- è continuare questo percorso, anche grazie al sostegno che ci aspettiamo possa arrivare dal combinato disposto Pac-Psr a garanzia dell’endorsement fatto dalla Commissione europea all’agricoltura durante i mesi del lockdown e da cui ci aspettiamo atti concreti e conseguenti nei prossimi mesi”.
Il protocollo Slow Food: buono e locale, quando il cibo si lega al territorio
E nella cornice del Sana, presso il proprio stand, la Regione ha rinnovato oggi l’intesa con l’associazione Slow Food Italia, firmando un nuovo protocollo che impegna entrambi, e fino al 2022, alla promozione dei prodotti agricoli e alimentari che rappresentano l’identità culturale ed economica del territorio regionale e costituiscono un patrimonio di biodiversità e sostenibilità. Tra le finalità del protocollo, lo sviluppo di un programma di iniziative comuni per lo studio e la realizzazione di progetti volti a sostenere le piccole produzioni tradizionali rappresentative del territorio e della sua ricchezza in biodiversità, la promozione delle caratteristiche di sostenibilità e di qualità delle piccole produzioni (compresi i Presidi su mercati locali, nazionali e internazionali) e l’individuazione di percorsi di formazione dei produttori per accrescerne la professionalità, la conoscenza delle produzioni locali e la consapevolezza del proprio ruolo rispetto alla valorizzazione dell’identità del territorio.
“Abbiamo bisogno sempre più di promuovere l’agroalimentare anche come testimonianza della sapienza antichissima dell’uomo, tramandata di generazione in generazione- sottolinea Mammi-. È nostro dovere quindi promuovere e valorizzare tutte quelle produzioni locali che costituiscono il tessuto socio-culturale delle nostre comunità. E in questa cornice, il rinnovo dell’intesa con Slow Food, dopo la proficua collaborazione che ci ha legato dal 2018 ad oggi, rappresenta un fondamentale tassello per proseguire nel percorso virtuoso di un’agricoltura in grado di innovarsi nel pieno rispetto della tradizione”.
“Siamo contenti di proseguire questa collaborazione con la Regione Emilia-Romagna sulla valorizzazione del territorio e sulla biodiversità biologica e culturale- aggiunge il presidente regionale di Slow Food, Antonio Cherchi-. È importante continuare a riflettere sul futuro del cibo, un argomento in forte connessione con il futuro del nostro Pianeta. È importante promuovere il cibo, rispettoso verso la salute individuale, sostenibile dal punto di vista ambientale, ed etico rispetto alla società. La sfida per il futuro è continuare il confronto su queste tematiche in un territorio complesso e ricco di peculiarità locali come quello regionale”.
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