L’intervista di questo mese, segue le orme degli scrittori, e ci porta a conoscere Cinzia Bomoll, donna dalla personalità poliedrica e dall’innata sensibilità artistica.
Cinzia, pur essendo originaria di Sant’Agata Bolognese, per lavoro e passione, si è spinta a vivere in altri luoghi da cui trae ispirazione per le sue attività. Più di ogni cosa lei è: scrittrice e regista, ed in particolare si occupa di produzione cinematografica indipendente volta sia a scoprire nuovi talenti, sia a dar voce a tematiche legate al mondo femminile.
Partiamo dalle tue radici: il tuo rapporto con la famiglia?
Buono, anche se da 15 anni vivo tra Roma e altri luoghi variabili ed eventuali, mi piace sempre tornare al paese dove ogni volta sento nostalgia del passato. È un sentimento positivo perché alimenta anche la creatività. Siamo una famiglia di “artisti”, se così si può dire (padre fotografo, Luciano Bovina; fratello musicista, Giovanni Bomoll; mamma ottima cuoca e sarta), ma siamo anche molto pragmatici e allo stesso tempo siamo influenzati dalle stagioni. Credo sia nel nostro DNA contadino da entrambe le parti, essendo quella la nostra origine.
Qual è il tuo legame con l’arte (essendo cresciuta con artisti in famiglia)?
Un rapporto “d’amore ed odio” come tutte le forti passioni. A volte penso che sarebbe stato meglio fare l’ingegnere o l’informatico, perché purtroppo in Italia occuparsi di un lavoro in campo artistico è faticosissimo e difficilmente riconosciuto, rispetto ad altri paesi (ecco perché viaggio molto). Ma poi come nei grandi amori, è più forte di noi e si va avanti temerariamente…
Ci racconti del tuo percorso personale-professionale?
Ho sempre scritto fin da bambina, ho sempre inventato storie. Ero molto timida e questo mi permetteva di “sognare” e riempire le mie giornate. A scuola hanno scoperto che facevo bei temi e ho avuto la fortuna di avere professori che mi hanno incoraggiato. Poi è iniziato quasi per caso il mio percorso come “scrittrice” ufficiale. Un giorno sentii per radio che Einaudi indiceva un concorso per racconti sul disagio giovanile. Ho mandato 4 pagine scritte di getto, ma in maniera molto schietta e sentita. Mi hanno chiamato dopo alcuni mesi dicendo che era tra i selezionati per l’antologia. Da lì ho continuato a scrivere sia racconti che pseudo-romanzi (poi editati durante corsi di scrittura creativa) e ho iniziato a mandarli a tanti editori. Negli anni ho affinato tecnica e metodo. Ho preso a scrivere anche sceneggiature di corti e film. Così mando avanti parallelamente due passioni molto simili, facenti parte di due mondi diversi: narrativa e cinema. Nel frattempo sono diventata mamma, e questo è stato un passo per il quale ho voluto sentirmi pronta al 100%, perciò èarrivato tardino, ma ho fatto bene così. Prima dovevo uscire dalla mia “sindrome di Peter Pan” per il bene di entr ambe. Ora è una scelta che vivo in maniera consapevole e libera.
Anche tu hai partecipato al Salone Internazionale del libro di Torino con il tuo ultimo lavoro “cuori a spigoli”, ce ne parli?
Ho sempre amato il film “La Ronde” di Max Ophuls, uno dei miei registi prediletti, tratto dall’opera teatrale Girotondo di Schnitzler, perciò ho desiderato riportare questa impostazione in un romanzo. Allo stesso tempo, il libro che ho scritto, ricorda gli episodi di una serie tv: dato che ogni capitolo approfondisce un personaggio diverso e il personaggio secondario di ogni episodio diventa protagonista del capitolo successivo. Ho poi pensato ad un filo conduttore con cui legare tutte le storie. L’avevo in mente da anni (già dalla premessa del mio racconto “Sbologna”) e ho inteso riproporlo. Ognuno di loro è sfiorato da un avvenimento drammatico, pur essendo sopravvissuto (quello che è successo alla mia famiglia e a tanti altri in quel fatidico 2 agosto nella strage di Bologna).
Prossimi progetti per il futuro?
Sto seguendo la fase di sviluppo di diversi film (cioè il passaggio dal soggetto alla sceneggiatura) e sto co-producendo un documentario insieme ad altre produzioni anche estere. In questo lavoro meglio stare su più progetti, anche se faticoso, perché essendo come un “terno al Lotto”, si possono avere più possibilità. Allo stesso tempo sto finendo un nuovo romanzo a cui lavoro da anni (mi capita di stare anche nella narrativa su due progetti contemporaneamente e scrivo a seconda di ciò che più mi ispira). Un’altra mia intenzione è quella di aprirmi verso l’estero, specie col cinema, perché cerco di ragionare in termini più universali che nazionali. Non per nulla mia figlia è nata in un periodo in cui mi trovavo spesso negli States. Forse perché io stessa ho sempre viaggiato molto fin da bambina (seguivamo spesso mio padre nei suoi reportage di viaggio) e non mi sono mai sentita limitata dai confini geografici. Penso infatti che non ci siano confini… se non nella nostra mente.