VITTORIA DEL M5S: NIENTE PIÙ DIRIGENTI SENZA LAUREA IN REGIONE. PICCININI (M5S): “RIPRISTINATO IL PRINCIPIO DELLA MERITOCRAZIA”
L’Assemblea Legislativa ha approvato un emendamento presentato dalla capogruppo Silvia Piccinini che stabilisce il divieto di inquadrare nella categoria “D” e “dirigenziale” il personale sprovvisto del relativo titolo di studio previsto dalla legge. “Dopo anni di battaglia e un doppio esposto alla Corte dei Conti abbiamo obbligato Giunta e PD a fare retromarcia”.
Niente più dirigenti senza laurea nelle strutture della Regione: è il risultato che è riuscito ad ottenere il MoVimento 5 Stelle all’interno del progetto di legge sulle disposizioni in materia di personale e organizzazione che è stato approvato questa mattina dall’Assemblea Legislativa. “Dopo anni di battaglia, dentro e fuori dall’aula, e che ci ha portato anche a presentare in questi anni un doppio esposto alla Corte dei Conti, siamo riusciti a mettere finalmente fine a una grave ingiustizia che permetteva alla Giunta di pagare come dirigenti personale che non aveva i requisiti previsti dalla legge, ovvero la laurea – spiega Silvia Piccinini – Oggi la Regione e il PD ci hanno dato ragione, facendo retromarcia e approvando un nostro emendamento che sancisce una volta per tutte un sacrosanto principio: ovvero quello secondo cui chi lavora in Regione, ed è inquadrato e retribuito secondo la categoria ‘D’, debba necessariamente essere in possesso della laurea. Una vittoria, la nostra, che mette fine ad anni di pesanti irregolarità e ingiustizie portate avanti dalle maggioranze sostenute dal PD”. Solo nell’attuale legislatura, infatti, sono 25 i dipendenti assunti dalla Regione Emilia-Romagna che, pur non essendo in possesso di una laurea, sono stati inquadrati e retribuiti secondo la categoria D per la quale la legge stabilisce come requisito fondamentale il possesso del titolo universitario, mentre tra il 2010 e il 2014 erano stati addirittura 56. Tra i casi segnalati anche negli esposti alla magistratura contabile il MoVimento 5 Stelle aveva segnalato il caso della moglie dell’assessore regionale alla Cultura Massimo Mezzetti che, pur non essendo in possesso di laurea, oltre ad essere inquadrata nella categoria D ricopre anche un ruolo di responsabilità (la cosiddetta Posizione Organizzativa) all’interno della segreteria del presidente della Giunta con uno stipendio annuo di oltre 43mila euro. Poi c’era il caso di Fabio Querci, ex responsabile delle Feste dell’Unità del PD di Bologna che, sempre senza laurea, ad inizio legislatura fu assunto e inquadrato come “D” all’interno dell’assessorato di Raffaele Donini per appena 13 giorni (dal 9 al 22 febbraio 2015) con uno stipendio annuo (poi annullato) di quasi 40mila euro. “In questo modo nessuno potrà più trattare la Regione come la propria azienda privata, arrogandosi il diritto di poter decidere le retribuzioni dei suoi collaboratori a prescindere dai titoli di studio posseduti e facendosi beffa di tutti gli altri dipendenti regionali che invece sono soggetti a regole ben più rigide. Potere che fino ad oggi è stato esercitato spavaldamente dal presidente Bonaccini – conclude Silvia Piccinini – Anche per questo avremmo voluto che questa norma entrasse in vigore già a partire da questa legislatura ma siamo lo stesso soddisfatti di aver ripristinato il principio della meritocrazia all’interno della Regione, obbligando la Giunta e il PD a fare marcia indietro”.
Ufficio Stampa M5S
Regione Emilia-Romagna