Fusioni, DDL di Bignami (FI) per consentire ai Comuni di “tornare indietro”
Prevedere la possibilità di indire un referendum per confermare o meno l’appartenenza al nuovo Comune nato dalla fusione entro due anni dall’istituzione dello stesso.
È questo il contenuto del disegno di legge che Galeazzo Bignami, deputato di FI, porterà in Parlamento rispondendo alle tante richieste arrivate dai territori nei quali le fusioni non hanno dato i benefici sperati. “Penso a Valsamoggia o Alto Reno Terme – spiega Bignami –, due Comuni frutto della fusione che però non sembrano ancora essere entrati a regime e nemmeno stanno conseguendo quei risparmi e quell’efficienza che ci si sarebbe attesi dalla macchina amministrativa. E’ ovvio che il nostro disegno di legge parte da queste casistiche specifiche ma è pensato per dare a tutti i Comuni che vanno a fusione una ‘finestra temporale’ entro la quale poterci ripensare, un modo per tornare indietro, per far sì che la fusione non sia un processo irreversibile”.
In particolare, la proposta è quella di introdurre nella Legge 56/2014 (la cosiddetta legge Delrio) i commi 133-bis, 133-ter e 133-quater all’articolo 1. Sono diversi i meccanismi di tutela proposti in particolare per quei Comuni nei quali ha prevalso esito contrario alla fusione.
I contenuti del DDL. Il comma 133-bis prevede infatti la possibilità di convocazione di un referendum con esito vincolante, volto a confermare l’appartenenza al nuovo Comune. Tale referendum può essere indetto entro due anni dall’istituzione del nuovo Comune su richiesta di almeno il 10% dei residenti aventi diritto al voto di quei Comuni nei quali la popolazione si sia espressa a maggioranza dei votanti contro il processo di fusione. Nel caso in cui la maggioranza della popolazione si esprima contro la permanenza nel nuovo Comune, si provvede al ripristino del Comune preesistente la fusione con Decreto del Presidente della Regione con il quale vengono altresì assicurate le risorse necessarie al ripristino delle funzioni amministrative.
Il comma 133-ter prevede che il referendum confermativo possa essere indetto, sempre entro due anni, anche dal Consiglio comunale con votazione favorevole di una maggioranza qualificata o dal 10% della popolazione del Comune di nuova istituzione.
Il comma 133- quater prevede che la possibilità di indire il referendum confermativo, entro due anni, sia data per quelle fusioni i cui progetti di legge siano presentati dopo l’entrata in vigore delle disposizioni di cui al DDL. Ma c’è di più. Per tutti i Comuni che abbiano già concluso il percorso di fusione, il periodo di due anni, di cui ai commi 133-bis e 133-ter, decorre a partire dall’entrata in vigore delle presenti disposizioni.
“Questo significa che vogliamo dare una possibilità di tornare indietro a tutti i Comuni nati da fusione affermando il principio basilare che non sono i piccoli Comuni a creare spreco nella pubblica amministrazione ma che gli sprechi sono altrove e a livelli più alti – dice Bignami -. Le disposizioni che vogliamo introdurre appaiono in linea con la ratio della Legge 56/2014 che apre comunque “finestre temporali” entro le quali i nuovi Comuni nati da fusione possono perseguire l’adeguamento tributario e tariffario (cinque anni di tempo durante i quali possono essere mantenuti tributi e tariffe differenziati), l’omogeneizzazione degli ambiti territoriali e la razionalizzazione delle partecipazioni societarie (tre anni). Pertanto, non vediamo per quale motivo non possa essere istituito un arco di tempo durante il quale perfezionare o revocare il percorso di fusione”.
Ufficio stampa Galeazzo Bignami