In Emilia-Romagna parte il Reddito di solidarietà
Un sostegno concreto per persone e famiglie in grande difficoltà economica. Da lunedì 18 settembre parte ufficialmente in Emilia-Romagna il Res, il Reddito di solidarietà. La misura di contrasto alla povertà voluta, ideata e introdotta dalla Regione, che per realizzarla stanzia 35 milioni di euro all’anno di risorse proprie. E circa 20.000 sono le famiglie che potrebbero potenzialmente beneficiare del sussidio. In questa settimana, considerata di avvio sperimentale, tutto ha funzionato bene, a partire dal sistema elettronico per l’inserimento delle domande. Sono già state inviate e accolte le prime richieste di accesso: si tratta di persone sole che non lavorano – “categoria” finora poco nota ai servizi sociali – e famiglie con bambini. Da lunedì prossimo, quindi, via libera alle domande, che i cittadini dovranno presentare al Comune territorialmente competente tramite l’apposito modello. Il contributo – che prevede un massimo di 400 euro mensili per nucleo familiare, per non più di 12 mesi – sarà erogato dai servizi sociali all’interno di un percorso concordato e personalizzato, finalizzato a superare le condizioni di difficoltà dei beneficiari e a favorirne l’inserimento lavorativo. L’annuncio è stato dato oggi (16 settembre n.d.r.) in Regione a Bologna, alla presenza del presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, in occasione della firma del Protocollo regionale sull’impegno comune contro la povertà.
La povertà in Emilia-Romagna: i numeri
Nonostante la “tenuta complessiva” e la ripresa, produttiva e occupazionale, in Emilia-Romagna in questi anni il tasso di povertà relativa è passato dal 2,2% del 2009 al 4,5% nel 2016, il che significa che circa 200.000 persone hanno difficoltà economiche a procurarsi beni e servizi. Sono invece oltre 65.000 le famiglie (3,3% in Emilia-Romagna, 6% in Italia) al di sotto della soglia di povertà assoluta, ovvero che non hanno reddito sufficiente a soddisfare i bisogni ritenuti essenziali (perlopiù giovani, cioè sotto i 35 anni o tra i 35 e i 49 anni con minori a carico). A questo si assomma il dato della emarginazione adulta che, secondo le stime ufficiali, riguarda oltre 4.000 persone senza dimora (Fonte: dati Istat rielaborati dal Servizio statistico regionale; Università di Modena).
Le risorse: disponibili più di 90 milioni
Al Reddito di solidarietà la Giunta regionale destina 35 milioni di euro l’anno, che si sommano ai 37 milioni erogati dallo Stato all’Emilia-Romagna per il Sostegno all’inclusione attiva (Sia), misura attiva di contrasto alla povertà che la legge di Stabilità 2016 ha esteso a tutto il territorio nazionale e che il Res affiancherà e integrerà. A ciò si aggiungono 20 milioni dal Fondo sociale europeo per i tirocini formativi. Va sottolineato come il Res “allarghi” la platea dei potenziali fruitori: nel Sia, infatti, è richiesta la presenza all’interno del nucleo familiare di un minore, o di un figlio disabile, o di una donna in stato di gravidanza. Condizioni, queste, non richieste invece dal Res, pensato per qualsiasi tipo di nucleo familiare, anche composto da una sola persona.
La sigla del Protocollo regionale
L’obiettivo del “Protocollo per l’attuazione del Reddito di solidarietà (Res) e delle misure a contrasto di povertà ed esclusione sociale in Emilia-Romagna” è favorire, a livello locale, le sinergie tra soggetti pubblici deputati all’applicazione delle misure e Terzo settore, che in Emilia-Romagna rappresenta una considerevole risorsa in termini di esperienza, competenza e capillarità.
Firmatari del protocollo, oltre alla Regione, sono l’Anci; Cgil, Cisl e Uil, che impegnano la propria rete associativa in attività di informazione, sensibilizzazione, orientamento sull’accesso alle misure a contrasto delle povertà a livello territoriale; il Forum del Terzo settore, a cui aderiscono 26 organizzazioni regionali appartenenti al mondo del volontariato, della promozione sociale e della cooperazione sociale e internazionale (in Emilia-Romagna ci sono 11.083 organizzazioni di base, oltre 1 milione e cinquecentomila soci e 51.279 lavoratori sociali); la Delegazione regionale Caritas Emilia-Romagna che, attraverso i suoi centri d’ascolto presenti nelle 400 parrocchie distribuite su tutto il territorio, ha incontrato nel 2015 quasi 66.000 persone; la Fondazione Banco Alimentare Emilia-Romagna Onlus che nel 2016 ha raccolto attraverso differenti canali 7.500 tonnellate di beni alimentari ridistribuite a 806 strutture caritative che a loro volta hanno potuto raggiungere oltre 140.000 persone; la FioPSD, Federazione italiana organismi per le Persone Senza Dimora, cui aderiscono enti pubblici del privato sociale che si occupano di grave emarginazione adulta e di persone senza dimora (in Emilia-Romagna ha una propria “articolazione” con 13 soggetti iscritti).
Obiettivi del Protocollo
Attraverso il Protocollo i firmatari condividono la necessità di mettere al centro la persona e il suo nucleo familiare secondo i principi della responsabilizzazione e dell’attivazione delle risorse di ciascuno. Al tempo stesso, l’obiettivo è costruire insieme, enti pubblici e Terzo settore, risposte e percorsi che rendano più efficace l’azione dei diversi soggetti e più equo e razionale l’uso delle risorse. In quest’ottica l’integrazione del ruolo e delle specificità del Terzo settore rappresenta un importantissimo elemento di qualificazione del sistema territoriale: svolgendo, ad esempio, funzioni di “antenna” nei confronti delle persone o famiglie in difficoltà che possono essere informate e orientate per favorirne l’accesso alle prestazioni di sostegno al reddito e di inclusione attiva e, in generale, collaborando all’analisi dei bisogni e della loro evoluzione nel tempo, allo scambio di dati e informazioni, alla progettazione degli interventi e alla verifica dei risultati.
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