1,5 milioni per curare cittadini stranieri in Emilia-Romagna
Pazienti, per lo più minori, affetti da patologie “importanti”, che nel Paese d’origine non possono essere curati per mancanza – o insufficienza – di personale e strutture. E che, invece, trovano assistenza e terapie adeguate in Emilia-Romagna grazie a finanziamenti specifici, stanziati annualmente dalla Regione a partire dal 2001 e confermati anche per il 2017. Per l’anno in corso, in particolare, sono previste risorse fino a un milione e 500mila euro: lo ha stabilito la Giunta, approvando il sedicesimo Programma assistenziale per prestazioni sanitarie di alta specialità a favore di cittadini stranieri provenienti da Paesi extra Ue e trasferiti in Italia per il tempo necessario alle cure. “Sono interventi di cooperazione sanitaria a carattere umanitario, che ci rendono orgogliosi- è il commento dell’assessore regionale alle Politiche per la salute, Sergio Venturi-. Mettiamo a disposizione le eccellenze, l’esperienza e la competenza del nostro Servizio sanitario regionale per persone, perlopiù bambini, che nascono, vivono e crescono in realtà complesse e difficili, dove nulla è scontato. La salute è un diritto universale, e noi cerchiamo di fare la nostra parte”.
Il Programma dà attuazione a una legge nazionale (la 449 del 1997), e si colloca nel quadro delle politiche di cooperazione internazionale della Regione, indicate nel Documento di indirizzo programmatico approvato ogni tre anni dall’Assemblea legislativa. É dal 2001 che l’Emilia-Romagna pianifica e realizza questi Programmi: nell’arco di 15 anni, sono stati curati 1.653 pazienti. In particolare, con il quindicesimo Programma assistenziale (anno 2016), le persone straniere prese in carico da ospedali e strutture del Servizio sanitario regionale sono state 105, in gran parte minori di 14 anni (74 casi). L’organizzazione del soggiorno dei minori assistiti e del loro familiare (o dell’accompagnatore), e il rientro nei Paesi di origine è garantita da onlus attive sul territorio.
Gli interventi hanno riguardato prevalentemente patologie importanti in vari ambiti: nefrologia, patologie tumorali, cardiopatia, ematologia oncologica, ortopedia, chirurgia pediatrica, oculistica e otorinolaringoiatria. Questi i Paesi di provenienza dei pazienti: Albania (con 22 casi), Bosnia-Erzegovina (22 casi), Kosovo (13 casi), Zimbabwe (11 casi), Moldavia (6 casi), Serbia (4 casi), Eritrea (3 casi), Marocco (3 casi), Etiopia (2 casi), Senegal (2 casi), Ucraina (1 caso), Mozambico (1 caso), Somalia (1 caso). Quattordici pazienti erano del popolo Saharawi.
Per l’anno in corso, la Giunta ha confermato un finanziamento massimo complessivo di un milione e 500mila euro. Per quanto riguarda le priorità territoriali, il Programma fa riferimento al Documento approvato dall’Assemblea legislativa, che indica Albania, Argentina, Bosnia-Erzegovina, Brasile, Cuba, Egitto, Eritrea, Etiopia, Libano, Libia, Marocco, Moldavia, Montenegro, Mozambico, Senegal, Territori dell’Autonomia Palestinese, Somalia, Tunisia, Kossovo, Serbia e popolo Saharawi (dai campi profughi algerini). Per le tipologie di intervento all’interno del “Progetto regionale Chernobyl”, si terrà conto delle richieste provenienti dalla Repubblica di Bielorussia e dalle aree ucraine contaminate dall’incidente nucleare. Si terrà conto, inoltre, delle richieste provenienti da organizzazioni non lucrative (onlus) del territorio regionale per minori che arrivano dall’Africa subsahariana, in particolare Zambia e Zimbabwe. Non sono inclusi nel Programma assistenziale i trapianti di organi – per la complessità e la durata dell’intero percorso – e le cure per i disturbi neurologici/comportamentali, che richiedono una presa in carico “multiprofessionale” e interdisciplinare, oltre a valutazioni ripetute nel tempo.
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