Non si arresta la comparsa di tumori legati all’amianto in Emilia-Romagna. Anzi, l’incidenza è in aumento ed è destinata a crescere nei prossimi anni. Per questo, sindacati e associazioni degli esposti chiedono alla Regione uno scatto in avanti. “Serve un’altra marcia”, avverte il segretario regionale della Cgil, Vincenzo Colla, questa mattina al convegno organizzato proprio in viale Aldo Moro a Bologna dal sindacato e dall’Afeva, l’associazione che in Emilia-Romagna riunisce i familiari delle vittime dell’amianto. Un’esortazione condivisa anche in ambito sanitario. “Finora non è stata creata una rete” per la diagnosi e la cura delle malattie legate all’amianto, sottolinea Carmine Pinto, direttore di Oncologia all’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia. “E’ un dovere politico, morale ed etico farlo, all’interno di un piano amianto e di un piano oncologico- aggiunge- ma credo che la Regione ci stia già lavorando”. Negli ultimi 20 anni, in Emilia-Romagna si è passati dai 73 casi di mesotelioma legato all’amianto del 1996 ai picchi del triennio 2011-2013, che hanno visto una media di oltre 150 casi all’anno, fino ai 124 malati del 2014 e ai 129 registrati finora sul 2015.
Sui 1.835 casi già definiti in Emilia-Romagna dal 1996 a oggi, ben 1.263 (il 68%) hanno un’origine professionale (certa, probabile o possibile), mentre sono 103 i casi di mesotelioma riconosciuto per esposizione all’amianto in ambito familiare o domestico (in questo caso, la maggioranza dei malati di tumore sono donne). In totale, si parla di 2.249 mesoteliomi diagnosticati in Emilia-Romagna tra il 1996 e il 2015, di cui 1.922 casi certi: ben 2.054 riguardano i polmoni (la pleura, per la precisione). Il problema riguarda soprattutto gli uomini (ma sono oltre 600 le donne malate) e le persone nella fascia d’età dai 55 anni in poi (oltre 2.000 casi). La maggior parte dei lavoratori colpiti dal mesotelioma operava nell’edilizia (190, il 15%), nelle costruzioni e riparazioni ferroviarie (153, il 12%), nell’industria metalmeccanica (122, il 10%), negli zuccherifici e nelle industrie alimentari (98, l’8%).
L’incidenza più alta dei casi si registra a Reggio Emilia, Piacenza, Ferrara e Ravenna, mentre in termini assoluti è a Bologna la concentrazione più elevata di mesotelioma (503 casi in 20 anni). “Probabilmente questo significa la necessità di pensare a più centri di riferimento per l’Emilia-Romagna”, sostiene il presidente Afeva, Andrea Caselli. Potrebbero bastarne tre: Reggio Emilia, Bologna e la Romagna. Di pari passo, però, “andrebbero privilegiate logiche di rete e di integrazione”. Per questo, manda a dire Caselli, “chiediamo alla Regione di attivarsi rapidamente in questa direzione, meglio se all’interno del Piano regionale amianto”, con la “partecipazione di sindacati e associazioni” e con il “contributo delle strutture scientifiche”. In particolare, l’associazione chiede che si ragioni sulla “sorveglianza sanitaria degli ex esposti“, creando un registro ad hoc dei lavoratori che negli anni sono stati a contatto con l’amianto e diffondendo in Emilia-Romagna ambulatori sanitari specializzati su questa tematica.
Alla Regione si chiede poi di incentivare la ricerca sul mesotelioma e sulle altre malattie asbesto correlate. E deve andare avanti l’impegno per la “mappatura, bonifica e smaltimento dell’amianto come azione decisiva di prevenzione primaria”, senza dimenticare le politiche di “protezione dei lavoratori”. Di tutto questo e di altro “vogliamo discutere con la Giunta regionale- afferma Caselli- ma ad oggi questo confronto non è avvenuto, nonostante le numerose sollecitazioni da parte di Cgil, Cisl e Uil”. Secondo i sindacati e le associazioni, però, “è matura l’effettuazione di una Conferenza regionale sull’amianto, propedeutica all’approvazione del Piano regionale amianto”. Una conferenza che dovrebbe servire per “fare il punto sul piano di smantellamento e sulla presa in carico degli esposti- spiega Colla- abbiamo già formalizzato la richiesta alla Regione, ora attendiamo di capire cosa dice l’assessore alla Sanità, Sergio Venturi”. I sindacati sperano che già oggi Venturi “sciolga la disponibilità. Non si vedrebbe un motivo diverso”, sottolinea il leader Cgil. Nel frattempo, va avanti la battaglia legale con le Ferrovie sulla richiesta di risarcimento alle vittime dell’amianto nelle Officine grandi riparazioni. “E’ un contenzioso continuo, che non si è ancora risolto- ammette Colla- siamo ancora in pista con molte vertenze, per vedere riconosciuti i diritti dei lavoratori esposti e dei loro familiari”.
Agenzia Dire – www.dire.it