Per la prima volta nell’ambito della manovra 2015/2016, dovevano entrare in vigore da martedì 2 febbraio e restare attive fino almeno a martedì 9, le misure emergenziali previste dal PAIR 2020 a seguito dei superamenti per ben 14 giorni consecutivi dei limiti di legge per le polveri sottili a Modena. Infatti in base a quanto previsto dal piano regionale, le misure straordinarie dovrebbero essere applicate in tutti i Comuni capoluogo della regione e nei comuni con più di 50mila abitanti, anche in quelli che non hanno superato i limiti dei noti 50 μg/m3 di PM10.
Tempestive sono state le risposte di Piacenza, Ravenna, Parma, Modena, Carpi, Rimini, Forlì e Faenza che hanno emesso ordinanze in tempi rapidi e rispettando a pieno quanto previsto dal piano regionale.
E gli altri cosa hanno fatto? Con un po’ di ritardo anche Bologna venerdì ha emesso un’ordinanza in merito ma limitando l’applicazione dello “smog alarm” solo alla domenica e non a tutti i sei giorni previsti. Anche Ferrara, senza emettere un’ordinanza ma pubblicando la notizia in modo un po’ confuso sul sito del Comune, sembra avere attivato le azioni emergenziali solo per la giornata festiva.
Limitandoci ai capoluoghi all’appello manca ancora Reggio Emilia, maglia nera per numero di sforamenti nel 2015, che dopo l’annuncio (apparso sui quotidiani locali il 5 febbraio) di un’ordinanza che doveva prevedere misure restrittive per temperature e combustibili, ha cambiato idea. La giunta infatti ha ritenuto di non doverle applicare perchè dichiara che non sarebbe stata una soluzione adeguata imporre quei divieti proprio nei giorni in cui non si prevedevano sforamenti, la qualità dell’aria da giovedì è migliorata e sono previste piogge imminenti. Rimane comunque confermata per il 7 febbraio la domenica ecologica già prevista da tempo.
Queste ulteriori misure emergenziali prevedono temperature al massime di 19°C nelle case, negli uffici, nei luoghi per le attività ricreative associative o di culto, nelle attività commerciali e fino a massimo 17°C nei luoghi che ospitano attività industriali ed artigianali (sono esclusi da queste indicazioni gli ospedali e le case di cura, le scuole ed i luoghi che ospitano attività sportive). Inoltre nelle unità immobiliari dotate di sistemi di riscaldamento multi-combustibile, è vietato l’utilizzo di biomasse (legna, pellet, cippato, altro) in sistemi di combustione del tipo camino aperto. Infine è previsto un potenziamento dei controlli sui veicoli circolanti sulla base delle limitazioni della circolazione in vigore.
Sono misure emergenziali che quindi dovrebbero entrare in vigore quasi simultaneamente al presentarsi dell’emergenza e qui i tempi lunghi rispetto alla loro attivazione sicuramente non aiutano e non fanno che alimentare i dubbi sulla loro efficacia. Efficacia che è sempre più difficilmente dimostrabile in quanto queste sono misure emergenziali per una situazione che di emergenziale ha ormai ben poco. Ma nell’immobilismo totale rispetto a misure strutturali che da tempo Legambiente propone, chiede e sollecita, queste azioni sono comunque un importante segnale se accompagnate da quel potenziamento dei controlli anch’esso previsto dallo “smog alert” e da un’adeguata informazione anche di carattere sanitario.
Qualche giorno fa il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ha annunciato aprendo il Tavolo sulla qualità dell’aria che ci saranno 85 milioni per la mobilità “verde” con fondi per nuovi bus e colonnine elettriche. Benissimo, ma cominciamo a preparare il terreno. Perchè se i nuovi mezzi si dovranno confrontare con strade congestionate dove i tempi di percorrenza sono lunghi e la puntualità dei mezzi non garantita, questi non rappresenteranno comunque una “ghiotta” alternativa per un potenziale nuovo utente automunito.
Le cose che si possono già fare sono tante. Cosa propone Legambiente ormai è stato detto e ripetuto tante e forse troppe volte: politiche di promozione della mobilità pubblica (e delle merci) su ferro con attenzione all’intermodalità, aree pedonali e zone a traffico limitato e zone 30, oltre che della mobilità ciclabile, a corsie preferenziali per gli autobus, la riorganizzazione della mobilità nelle aree adiacenti a scuole, potenziare bicibus e pedibus, organizzando trasporti collettivi per gli studenti ed attribuendo un peso sempre maggiore al “criterio di vicinanza” nelle graduatorie per gli asili e le scuole, così come disincentivare il trasporto privato per gli studenti delle scuole, chiudendo al traffico le vie limitrofe all’edificio scolastico negli orari di ingresso ed uscita e tante altre.
Ma adesso è finito il tempo del “dire” bisogna iniziare il tempo del “fare”, e questo tocca alla politica e alle amministrazioni, con trasparenza e monitorando sempre scrupolosamente i «passi avanti» compiuti.