Riordino istituzionale, dal 1° gennaio l’Emilia-Romagna ha 334 Comuni
Dal 1° gennaio 2016 il numero dei Comuni in Emilia-Romagna scende a 334 (-14 dal gennaio 2013).
A tre anni dall’entrata in vigore della legge regionale di riordino territoriale (21/2012), sono stati 8 i processi di fusione che hanno determinato la nascita di altrettanti Comuni unici al posto dei 22 preesistenti.
In particolare le ultime fusioni, in ordine di tempo, dal prossimo primo gennaio daranno vita a 4 nuovi Comuni al posto di 10 precedenti: Ventasso nell’Alto Appennino reggiano (dalla fusione dei quattro Comuni del crinale: Busana, Collagna, Ligonchio e Ramiseto), Alto Reno Terme nell’Appennino bolognese (nato dai Comuni di Porretta Terme e Granaglione); Montescudo-Monte Colombo nel riminese (tra gli omonimi Comuni) e Polesine Zibello in provincia di Parma (dalla fusione dei Comuni di Polesine Parmense e Zibello).
In particolare, sono diversi i nuovi percorsi di fusione che avranno corso nel 2016. In provincia di Piacenza l’iter è avviato per Borgonovo Val Tidone e Ziano Piacentino (per i quali il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini ha firmato il 24 dicembre il decreto che indice il referendum per il prossimo 6 marzo) e hanno già formalmente inviato nuove istanze di fusione alla Regione: Fontanelice, Casalfiumanese e Borgo Tossignano nel bolognese; Mondaino, Saludecio e Montegridolfo in provincia di Rimini; Mirabello e Sant’Agostino nel ferrarese e, ancora in provincia di Piacenza, Bettola, Farini e Ferriere, da un lato, e Vigolzone e Ponte dell’Olio, dall’altro. Infine, nei giorni scorsi hanno votato a favore della fusione i Consigli comunali di Sant’Ilario, Gattatico e Campegine nel reggiano e ora arriverà in Regione la formale istanza.
I vantaggi delle fusioni
Grazie alle fusioni, i Comuni sono in grado di ottenere una razionalizzazione della spesa insieme ad una maggiore capacità di garantire servizi efficienti e migliore organizzazione delle funzioni.
A questo si aggiunge la possibilità di ottenere contributi regionali ad hoc (per 15 anni) e statali (per un decennio): la legge di stabilità 2016 ha stabilizzato gli stanziamenti statali per incentivare le fusioni (30 milioni annui), raddoppiando la misura dell’incentivo previsto.
Inoltre, per attenuare l’impatto dell’introduzione del principio di equilibrio di bilancio per i nuovi enti, la legge di stabilità 2016 ha stabilito l’assegnazione prioritaria, ai Comuni nati da fusione dal 2011 in avanti, degli spazi finanziari ceduti dalle Regioni; la stessa legge ha anche dato alle fusioni facoltà di assumere personale a tempo indeterminato per coprire il “turn over” al 100 % della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio l’anno precedente.
Viene, infine, riconosciuta ai nuovi Comuni unici la priorità nei programmi e nei provvedimenti regionali che prevedono contributi a favore degli enti locali.
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