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Migranti, Arcivescovo Bologna: “Chi accoglie non sia lasciato solo”

“Offrire ai profughi percorsi di vera accoglienza e integrazione e, al tempo stesso, garantire chi accoglie di non essere lasciato a se stesso nel gestire situazioni che sono delicate e faticose”. Per cui, raccomanda l’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra, “ogni realtà che accoglie è necessario che sia quotidianamente visitata, monitorata e sostenuta dalla comunità tutta e da altre figure esterne competenti e autorevoli”. E associazioni, movimenti e altre aggregazioni ecclesiali dovranno assicurare “svariate forme di sostegno organizzato”. A una settimana dalla ‘direttiva’ di Papa Francesco sull’accoglienza dei migranti in ogni parrocchia, Caffarra mette nero su bianco le “prime considerazioni per l’accoglienza” definendo così i contorni di un processo operativo “che sarà inevitabilmente lento e ponderato”; indicazioni, spiega, “per iniziare a dare corpo alla richiesta del Papa, sgomberare il campo da improvvisazioni, e cercare di muoverci in modo ordinato”.

Tanto per cominciare, sottolinea il Cardinale, “non si tratterà di una accoglienza emergenziale di persone appena arrivate”, per le quali ci sono il Centro accoglienza richiedenti asilo (Cara) e il Cas (Centro accoglienza straordinaria). Parrocchie e parrocchiani sono chiamati ad aprire le porte a “singoli o nuclei familiari già identificati e conosciuti per i quali si potrà predisporre un percorso specifico caso per caso“. L’Arcidiocesi, attraverso la Caritas, si interfaccerà con Prefettura, Cara e Cas e con le Caritas parrocchiali o di vicariato (a cui faranno riferimento parrocchie o comunità religiose o altre realtà disponibili all’accoglienza). Ma appunto chi accoglie non va lasciato da solo a “gestire situazioni delicate e faticose”.

Prosegue e raccomanda ancora Caffarra: “Sarà gioia e onore per chi accoglie offrire amicizia, vicinanza fraterna, vitto e alloggio gratuitamente, escludendo quindi, nella generalità dei casi, ogni forma di rimborso economico per l’accoglienza prestata”. Tutto ciò che invece comporterà costi “e impegni ulteriori”, come assistenza sanitaria, corsi di lingua e formazione, adempimenti burocratici (“E tutto quello che, pur necessario, esula dal vitto e dall’alloggio”) “non sarà a carico della realtà ospitante, ma impegno delle realtà caritative e Istituzioni che sovrintendono, gestiscono e tutelano questa accoglienza e il suo buon andamento”, puntualizza il Cardinale. Che poi torna sull’esigenza di una accoglienza ‘corale’: “La Parrocchia non si identifica con il parroco o la canonica o le strutture parrocchiali. Proprio perché l’accoglienza sia espressione di tutta la comunità cristiana, si chiede che i sacerdoti responsabili di parrocchie e zone pastorali non si facciano carico da soli dell’accoglienza”. Se non si riuscisse a garantire “una effettiva corresponsabilità con almeno alcuni parrocchiani, neppure il parroco da solo potrebbe far fronte al bisogno; in tal caso si prenderà atto con dolore della impossibilità di accogliere”.

Ciò detto, ora le Caritas dovranno raccogliere le disponibilità di accoglienza e Caffarra fa qualche esempio citando “un appartamento abitabile ma ora non utilizzato, una famiglia disposta ad accogliere in casa propria qualcuno, altri spazi utilizzabili allo scopo”. Nel frattempo, la Caritas diocesana attiverà i contatti con le Istituzioni per capire “di cosa c’è bisogno”. Poi si valuteranno “abbinamenti tra singole situazioni di bisogno e le realtà più adatte ad accoglierle”.

Agenzia Dire – www.dire.it

Gianluca Stanzani:
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