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Bologna non ha la miglior Cucina?

Ancora una volta, dopo la “Farsa dei Borghi Felici”, ci troviamo a commentare una strana classifica che riguarda i nostri territori, e oggi parliamo di cibo. Un noto sito americano, Thrillist.com, ha stilato la classifica delle migliori 18 città al mondo dove mangiare, e Bologna si è classificata al secondo posto. Di qui il putiferio: chiunque si è sentito autorizzato a ripostare pedissequamente la notizia e commentare più o meno irritatamente il criterio di valutazione. I commenti più gettonati riguardavano la seconda posizione di Bologna (meritava la prima!), la mancanza di altre città italiane (ma siamo i migliori del mondo!), la prima posizione di Bordeaux (cosa ne vogliono sapere i francesi…), il terzo posto di Mumbay (sarà mica cucina quella!), il quarto posto di Londra (è risaputo che si mangi da schifo!), una classifica culinaria fatta dagli americani (che notoriamente pasteggiano a spazzatura…). Ecco stilata la classifica della medio-ignoranza italiana che ci porta ad essere superbi e ottusi oltre ogni limite; tiriamo una riga e ricominciamo.

La rivista online Thrillist, originaria di New York e con sedi operative in quasi tutte le città degli U.S.A., si dichiara “ossessionata da tutto ciò che riguarda mangiare, bere e viaggiare”, tutt’altro che una rivista culinaria. Trovare un liquore proibito in una stazione della metro abbandonata, un ristorante dove potere tirare pomodori in faccia ai tuoi amici, visitare città con solo 50 $ al giorno, negozi che vendono 100 pacchi di birra, essere i primi a raccontare di una torta di pizza… tutto questo è Thrillist; basta documentarsi un minimo e di certo da una classifica delle migliori 18 città al mondo dove mangiare non ci si può aspettare molto di diverso. Da che presupposti nasce questo studio? I redattori di Thrillist hanno provato a immaginare quale fosse il piatto più buono al mondo, e in ugual modo quale fosse il miglior posto dove vivere: sommi i due concetti, prendi un aereo e vai. I criteri fondamentali sui quali si sono basati i loro giudizi sono stati: unicità delle tradizioni del cibo e delle bevande, qualità dei ristoranti o dei bar, diversità dei tipi di cucina e, cosa più importante, la sensibilità verso l’innovazione e il miglioramento. Per tutti quelli che si sentono esclusi o defraudati da questa classifica, la redazione redarguisce con parole sante: “Se una città si è seduta sugli allori, allora dovrebbero scendere dal loro piedistallo e iniziare a fare qualcosa di nuovo e di interessante”. La classifica che ne esce, una panoramica sulle diversità di cibi e culture nel mondo, è la seguente:

  1. Bordeaux, Francia: un monito a Parigi, emblema di città seduta sugli allori, e un plauso a questa città che fa della diversità il segreto della sua risalita
  2. Bologna, Italia: definita “il grembiule sporco di ragù della nonna d’Italia”. Elogia tagliatelle, lasagne e tortellini ma soprattutto si sofferma sull’esperienza irripetibile di passeggiare nel Mercato di Mezzo e farsi offrire da un salumiere un pezzetto di mortadella
  3. Mumbay, India: 20 milioni di persone provenienti da ogni parte del mondo, ognuno con la sua cultura, dove per strada puoi assaporare le tipicità di un piccolo paese, ingigantite in una grande metropoli
  4. Londra, Inghilterra: 20 anni fa la qualità del cibo era ridicola, ma negli ultimi 10 anni si è assistito ad una rivoluzione culinaria completa, e ancora in divenire
  5. New York City, U.S.A.: qua si amalgamano avanguardia, tendenze e stile unico di cucina, ed è il banco di prova per tanti cuochi americani
  6. Marrakesh, Marocco: Francia, Africa e Medio Oriente mixate assieme, dai ristoranti alle bancarelle del centro storico
  7. Cartagena, Colombia: il “fritos” di strada in un’atmosfera Caraibica
  8. Istanbul, Turchia: un’accoglienza calorosa e molto mediterranea, quasi scioccante
  9. Tokyo, Giappone: un vero e proprio istituto professionale di cucina, con ristoranti iper specializzati e il record di stelle Michelin, più di Parigi
  10. Barcellona, Spagna: un parco giochi culinario che parte dalla tradizione catalana e si rinnova continuamente
  11. Hong Kong, Cina: le tradizioni di una colonia britannica che sfociano nei grattacieli di lusso
  12. Copenhagen, Danimarca: Noma è il miglior ristorante al mondo, ma Copenhagen è nei panini di strada, negli hot dog danesi e nelle aringhe in salamoia
  13. Montreal, Canada: un mercato dei contadini aperto tutti i giorni e il miglior bagel del mondo
  14. New Orleans, U.S.A.: un’infinità di piatti e tradizioni disponibili, impossibile assaggiarli tutti
  15. Buenos Aires, Argentina: qui puoi mangiare come un re, anche con il denaro di un visconte
  16. Ho Chi Minh City, Vietnam: passioni e sapori della Francia coloniale mixati coi gusti intensi della propria terra
  17. Melbourne, Australia: mentre a Sydney risiedono cuochi famosi provenienti da tutto il mondo, nella affasciante Melbourne padroneggiano cuochi nati e cresciuti in questa città, e gli immigrati italiani hanno creato un formidabile panorama di Caffè e Bar
  18. Penang, Malesia: sapori Indiani, Cinesi, Tailandesi e Malesi, all you can eat a meno di 10 $

“The World’s 18 best food cities”, un concetto più ampio di “buon piatto”. Qui si parla di come il cibo viene vissuto, dove viene mangiato, come viene raccontato. Qui si parla di un concetto che molti commercianti e ristoratori in Italia ignorano, quello di “esperienza”. Mangiare in un ristorante, così come entrare in un negozio, consiste in una complesso insieme di azioni che danno vita ad una esperienza unica: la curiosità, il desiderio di scoprire, i colori e i profumi, le parole che ci vengono raccontate, le tradizioni che ci vengono tramandate, il ricordo che ci rimane di quel posto; il prodotto, ciò che ci viene servito o che acquistiamo, è solo l’ultimo step. Provate a ricordare un ristorante dove siete rimasti soddisfatti: provate a ricordare se avete “mangiato bene” o se, meglio, siete “stati bene”.

di Luca Frabetti

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